La storia dell’intramontabile principe della moda…
di Andira Vitale
Giorgio Armani… La stella splendente dell’Italia sulla scena internazionale… Il simbolo di uno stile e di un’eleganza senza tempo… Non racconteremo solo la sua storia di vita… Accompagneremo il suo processo di “rinascita” come una fenice in questa magnifica storia di vita. Assisteremo che i fatti e i periodi che crediamo persi aprono la porta a vite scintillanti… Saremo affascinati dal successo della persona che ha cambiato radicalmente il settore a cui si è dedicato ed è riuscito ad essere il migliore nel suo campo… Ed è ammesso che l’intero processo non può essere realizzato senza “lavoro decisivo”.
Giorgio Armani nasce a Piacenza, sulle rive del Po, l’11 luglio 1934. Qui cresce con il fratello Sergio, la sorella Rosanna, l’elegantissimo papà Ugo e mamma Maria. La sua infanzia è molto felice ma, non avevano molti soldi.
Era tempo di guerra. Ecco perché ha avuto un momento difficile nella sua infanzia. Tra questi c’erano rifugi a cui si correva nel cuore della notte. Tuttavia, l’infanzia di Armani, tra bombardamenti e persino ferite da una bomba che lo ha costretto a rimanere in ospedale per quaranta giorni, plasma il suo carattere e pone le basi per la fantasia creativa dello stilista. Forse è per questo che ha acquisito la capacità di immaginare mondi fantastici attraverso i vestiti, come molti dicono… Dice in molte interviste che ha iniziato a voler sognare da bambino. Mentre i figli dei ricchi viaggiavano in tempi difficili per tutti, Armani viaggiava nei suoi sogni… Forse per questo sognava di avere successo…
Nel 1949 si trasferisce con la famiglia a Milano, che all’epoca non era la “capitale della moda” ma era crocevia dei movimenti economici e culturali italiani della prima metà del Novecento. Milano doveva ora essere dove viveva e lavorava. Gli edifici non erano così imponenti e ostentati come quelli di Roma. Ma dietro le pareti erano pieni di magnifici interni. Piccoli, ampi giardini, in atmosfere molto intime, eleganti, Armani si è ritrovato. Forse sentiva l’eleganza interiorizzata dei suoi genitori, che amava molto. Squisito ed elegante. Armani, che l’ha trovato, è entrato a far parte di Milano…
Armani cresce, diplomandosi nel 1953 e iscrivendosi a medicina, senza troppa convinzione, come lui più volte ha affermato. Il servizio militare, due anni più tardi, lo costringe ad interrompere il percorso accademico fornendogli, in un certo senso, un po’ di tempo per riflettere sul proprio futuro. Tornato dal servizio di leva, infatti, il nostro protagonista non torna tra i banchi dell’Università Statale, ma comincia a cercare lavoro e, tramite l’amica Rachele Enriquez, inizia a lavorare in Rinascente, il grande magazzino milanese, specializzato in abbigliamento.
Non ha iniziato la sua educazione medica molto volentieri. Ha lasciato la sua istruzione a metà del servizio militare come scusa. Nekehat era in licenza a Milano, disoccupato; Ha ottenuto un lavoro alla Rinascente tramite un suo amico. Stava aiutando gli architetti a gestire gli apparecchi di illuminazione. Non si può dire che all’inizio amasse la moda. È entrato nel mondo della moda per caso in una simile congiuntura. A quel tempo non esisteva una figura di stilista. Oppure non se ne rendeva conto… Ma avrebbe trovato in Rinascente la domanda su cosa volesse fare nella vita…
Inizia così il viaggio della vita di Armani nella moda. All’inizio non è stato facile… Perché era un campo e uno stile di vita opposto alla sua vita accademica. Richiedeva sia duro lavoro che talento. Quelli intorno a lui hanno visto il talento di cui Armani non era a conoscenza. Questa consapevolezza si concretizza nel 1965 quando viene proposta la collaborazione con Nino Cerruti per ridisegnare il marchio Hitman, l’azienda di confezionamento dei prodotti del Lanificio Fratelli Cerruti.
Proprio grazie al sodalizio con Cerruti, Armani impara a conoscere profondamente questo settore, approfondendo la dialettica dei tessuti e degli accostamenti e iniziando a concepire una propria idea di stile e di moda che rimarrà indissolubile per tutto il corso della sua carriera creativa. Studiando a fondo l’abbigliamento maschile, durante i sette anni di permanenza in Hitman, capisce che l’estetica dell’uomo aveva bisogno di un cambio. Di una rivoluzione.
La struttura aziendale della ditta di Cerruti gli insegna il mestiere e lo aiuta a creare una metodologia di lavoro ma, sentendosi probabilmente troppo limitato da logiche aziendali, nel 1973, a quaranta anni, prende la decisione di mettersi in proprio. In questa scelta ha un grande peso un personaggio, Sergio Galeotti, conosciuto dallo stilista qualche anno prima. Galeotti è una figura cruciale per Armani. I due hanno instaurato un rapporto di affetto profondo, al di là del sodalizio professionale che, come affermato da Armani nel 2000 a Vanity Fair “definire amore sarebbe riduttivo”.
Preso in affitto un piccolo ufficio in Corso Venezia, i due cominciano ad occuparsi di consulenze di immagine e di stile, acquisendo importanti clienti, come Max Mara, Hilton, Allegri e Bagutta. L’assunzione di una consapevolezza creativa giunge nel 1974, quando Giorgio Armani sfila nella Sala Bianca di Palazzo Pitti come stilista freelance, tra l’approvazione degli addetti ai lavori. Gratificati dai numerosi successi ottenuti, Galeotti e Armani decidono di iniziare a collaborare in una nuova sfida imprenditoriale. È il 1975. Ha inizio la Giorgio Armani S.p.A.
Leggenda narra che l’avvio dell’attività sia finanziato dalla vendita della Volkswagen dello stilista che gli frutta 10 milioni di lire. Con questo capitale i primi investimenti consistono nell’affitto di alcuni locali in centro a Milano e nell’assunzione di un ristretto numero di dipendenti.
All’interno della sua biografia racconta quanto segue:
“Sono stati anni di sacrifici e fatica. Non avevo più tempo per me. Spesso mi ritrovavo a piangere disperato alle undici di sera, in fabbrica, dove ero rimasto solo tra migliaia di metri di stoffa. Andavo su e giù da Milano a Biella con la mia macchinetta di quinta mano nella nebbia e nella neve”.
Nei primi anni 80’ pensa anche a una linea più sperimentale e adatta a un pubblico più giovane: Emporio Armani, dove la contaminazione con il mondo dello sport è alle radici della fondazione del secondo brand di casa. Nel 1983 apre la prima boutique in via Sant’Andrea a Milano e nel 1987, grazie al complessivo consolidamento e crescita del brand, viene insignito del titolo Cavaliere della Repubblica. Un’altra fonte di grande ispirazione sarà la cultura orientale e quella araba. Negli anni 90’ introduce camicie e capi con colletti alla coreana, cappotti simili ai djellaba, proposti in contemporanea all’uscita nei cinema di Il tè nel deserto. La sua collezione Armani Casa nasce nel 2000 ed è realizzata con fantasie ispirate all’Art Déco e al modernismo. Forme essenziali ispirate alla concettualità asiatica; una passione, quella per l’Asia, che lo porta ad aprire anche Armani/Nobu, all’interno del suo store Armani/Manzoni 31 il suo ristorante in cui cucina giapponese ed europea si fondono alla perfezione. Negli anni seguiranno le aperture degli Armani Hotel di Milano e Dubai, il caffè, il reparto dolci e la libreria.
Oggi la storia del gruppo Armani è quella di una maison di moda che passerà attraverso la creazione e produzioni di capi prét-a-portér, couture, occhiali, pelletteria, profumi, ma anche oggettistica per la casa, fiori e dolci, abiti per bambini, fino ad arrivare a dare il nome a ristoranti e a luxury hotel nel cuore di Milano e di Dubai. Il suo tocco di stile divenne rapidamente un boom a livello mondiale: la giacca da donna ideata a partire dalle linee da uomo, i capi maschili chic senza essere eccessivamente impostati. Come per esempio le giacche destrutturate con cui rivoluziona il concetto di giacca foderata, proprio perché spariscono supporti interni (imbottiture e controfodere, vengono spostati i bottoni e modificate le proporzioni tradizionali. Le giacche diventano uno degli emblemi del nuovo corso della moda italiana. Ispirato al cinema in bianco e nero e alle atmosfere dell’America degli anni venti e trenta, il suo stile sceglie tagli nitidi e puliti in una gamma di colori freddi: i grigi, le tonalità più profonde, e il greige, una via di mezzo tra grigio e color terra, ma soprattutto il blu, accostato anche al nero in sperimentazioni cromatiche meno convenzionali. Non esclude, però l’intramontabile abito nero e bianco, portandolo ad una classe superiore del comune. E poi il break-through sotto gli occhi di un pubblico più vasto, dall’apparire sulla copertina di Time magazine nel 1982 al vestire Diane Keaton agli Oscar del 1978 (statuetta vinta per il film di Woody Allen Io e Annie) e con gli abiti creati per il film American Gigolo nel 1980, dove il bel Richard Gere affascina con lo stile dei completi Armani.
Il successo, però, non tarda ad arrivare.
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