Buccellati: tesoro e gioia del dolce natalizio siciliano
Anna Maria Tardiolo – In Sicilia, a Palermo e dintorni, quando il cenone della viglia e il pranzo di Natale erano ormai conclusi, amici e parenti che si recavano in visita a casa degli uni o degli altri, portavano spesso come dono da condividere i buccellati o come si chiamano in dialetto, i cucciddata. Se il re della tavola in quegli stessi giorni, al Nord, erano e sono il Panettone e il Pandoro, a Palermo sono i buccellati o il buccellato. Si tratta dello stesso dolce ma i primi sono presentati come biscotti farciti monoporzione, il secondo ha una forma a ciambella, unica. A fare la differenza, però, è il momento della loro preparazione. Fino a qualche anno addietro, quella dei buccellati era una tradizione da condividere con la famiglia e gli amici più cari. Sebbene esista una ricetta universale, ogni famiglia aggiungeva un qualche ingrediente segreto, fosse nell’impasto della frolla o nel metodo di assemblaggio degli ingredienti. Custodi di ciò sono tutt’oggi le donne più anziane.
Così, qualche giorno prima di Natale le componenti femminili della famiglia e le amiche più care, dalle più anziane alle più giovani, si riunivano. Ognuna aveva il suo compito. La lavorazione è laboriosa, i passaggi lunghi. La farcia è composta da mandorle o fichi secchi, cacao, uvetta, noci, canditi, caffè e zucchero. Per questa ragione ogni passaggio era affidato a un membro della famiglia: le più esperte si dedicavano alla cottura delle mandorle o dei fichi, le meno esperte alla pelatura delle mandorle, all’assemblaggio e alla decorazione. Intorno ai piani di lavoro, le donne riunite, iniziavano a raccontare storie della propria infanzia, della famiglia, di persone che hanno preso parte nei decenni precedenti alla preparazione dei buccellati mentre l’aroma dolce dei biscotti si diffondeva in ogni angolo della casa. Le risate, l’allegria, il momento di festa invadeva gli animi di chi prendeva parte a questo ‘rito’ si potrebbe quasi dire. Ai bambini veniva dato un poco di pasta frolla per permettere loro di giocare e sperare che stessero buoni. Ma per quanti sforzi si potessero fare, notando le madri, le nonne, le zie intente in altro i più piccoli correvano intorno al tavolo cercando di prendere di nascosto ora qualche mandorla ora qualche pezzetto di zucca candita oppure di cacao. Essendo possibile conservare a lungo i buccellati, ogni famiglia ne infornava chili e chili ben consapevole che avrebbe avuto possibilità di produrne altri solo l’anno successivo.
Era un momento magico. Prima ancora degli addobbi, delle luci e dei mercatini l’atmosfera natalizia si iniziava a respirare al momento della preparazione dei buccellati. Quando poi i biscotti erano cotti era possibile decorarli sia con una spolverata di zucchero a velo sia con una glassa cremosa di zucchero e una manciata di code di zuccherini colorati chiamati in siciliano “diavulicchi”. Non è un caso che si usano questi zuccherini multicolori. Allegoricamente questi dolci elementi decorativi richiamano delle figure mitologiche affrescate nel palazzo della Zisa a Palermo. La leggenda racconta che in questo palazzo fosse racchiuso un enorme tesoro in monete d’oro e a custodia di esso vi erano un numero indefinibile di diavoletti. L’immaginario collettivo vuole che le codette multicolore degli zuccherini assomiglino a questi custodi misteriosi. A pensarci bene, però, i “diavulicchi” sono anch’essi custodi di un tesoro nascosto che viene svelato al rompere del biscotto anche se quello vero, quello custodito nei ricordi di una famiglia e nei segreti dei suoi ingredienti, quello sarà comunque sempre custodito dai diavulicchi…
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