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Gli immobili del Vaticano non possono essere utilizzati gratuitamente!

Vita gazette – Papa Francesco, che è spesso all’ordine del giorno con il suo approccio corretto, questa volta ha detto “no” all’uso gratuito o molto economico del patrimonio immobiliare vaticano. Con questa chiamata del Papa, cardinali e alti funzionari dovranno rinunciare ad affitti gratuiti o vantaggiosi.

Papa Francesco ha infatti disposto l’abrogazione di tutti gli affitti gratuiti o a condizioni agevolate concessi ai cardinali per gli immobili di proprietà della Santa Sede. Lo stop vale anche per capi di dicastero, segretari, sotto segretari e dirigenti. La decisione è dovuta all’esigenza di far fronte alle necessità dei tanti bisognosi.

Nel Rescriptum, il Santo Pontefice ha spiegato che “per far fronte agli impegni crescenti che la Santa Sede sta affrontando per l’adempimento al servizio della Chiesa Universale e ai bisognosi, chiede di destinare e riservare alla Sede Apostolica maggiori risorse anche incrementando i ricavi alla gestione del patrimonio immobiliare”.

Gli immobili di proprietà del Vaticano non potranno quindi essere più concessi gratuitamente o a condizioni vantaggiose ai cardinali e agli alti dirigenti, ma gli enti proprietari dovranno applicare le stesse tariffe applicate a chi non ha incarichi nella Santa Sede o nello Stato della Città del Vaticano. La disposizione vale anche per le Domus che dovranno stabilire le tariffe ordinarie e, sebbene non abbia carattere retroattivo, varrà per tutti i contratti in essere che devono essere prorogati o rinnovati. 

Chi gestisce il patrimonio immobiliare del Vaticano?

A gestire il patrimonio immobiliare della Santa Sede è L’Aspa, il dicastero vaticano che gestisce anche il patrimonio finanziario. Il dicastero è presieduto da Nunzio Galantino che in un’intervista rilasciata a Vatican News ha fatto i conti delle unità immobiliari di proprietà del Vaticano tanto in Italia che all’estero

Quanti immobili possiede il Vaticano?

Secondo quanto riportato con dati che si riferiscono all’anno 2021, le unità immobiliari di proprietà del Vaticano sono 4.086, per una superficie commerciale di circa 1,5 milioni di m2. L’utile netto realizzato è di 8,11 milioni di euro. Il patrimonio immobiliare è suddiviso per le seguenti tipologie di portafoglio: libero mercato (1.866 unità corrispondenti a 391.360 mq, il 27% del totale), canone agevolato (1.249 unità corrispondenti a 195.074 mq, il 13%), canone nullo (971 unità corrispondenti a 876.630 mq, il 60%).

Per quanto riguarda il nostro Paese, nel 2021 l’Aspa ha versato 5,83 milioni di euro per l’Imu e 2,57 milioni di euro per l’Ires. 

UE ha ordinato all’Italia di farsi pagare dalla Chiesa l’Ici mai versata

La Chiesa cattolica ha avuto un’esenzione totale dall’Ici, su decisione del governo Berlusconi, dal 2006 al 2011. Dopo un lungo dibattito legale, la Commissione europea ha preso la decisione definitiva: l’Italia deve recuperare le imposte non pagate in quegli anni.

L’Italia dovrà recuperare l’Ici – la vecchia tassa comunale sugli immobili – che la Chiesa cattolica non ha mai versato. Lo ha ordinato la Commissione europea, facendo seguito a una sentenza della Corte di giustizia europea del 2018. L’esenzione dalle tasse per gli immobili del Vaticano, decisa dal governo Berlusconi nel 2005, per la Corte è stata un aiuto di Stato illegale e ora le somme mancanti ora andranno recuperate.

Perché la Chiesa non ha pagato l’Ici dal 2006 al 2011

D’altra parte l’imposta comunale sugli immobili è stata una tassa in vigore dal 1993 al 2011. Nel 2005, come detto, il governo Berlusconi ha deciso che la Chiesa cattolica non avrebbe dovuto versarla per i propri immobili, in quanto era un ente non commerciale. L’esenzione, però, ha riguardato anche gli immobili che la Chiesa usava per svolgere attività di natura commerciale. Così, dal 2006 al 2011, il Vaticano non ha pagato l’Ici.

Nel 2012, le autorità di Bruxelles hanno chiarito che l’esenzione per la Chiesa era un aiuto di Stato illegale, non compatibile con le leggi dell’Unione europea. Tuttavia, secondo le decisioni di allora l’Italia non aveva i mezzi per recuperare le tasse mancanti: i dati del catasto e le informazioni fiscali non consentivano di identificare con chiarezza chi avrebbe dovuto pagare, e quanto.

 

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