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È morto Matteo Messina Denaro, l’ultimo stragista di Cosa Nostra

Vita gazette – Matteo Messina Denaro, soprannominato “L’Ultimo Padrino”, catturato dopo 30 anni di fuga, è morto nell’ospedale dove era stato curato per cancro.

Dopo una agonia di alcuni giorni è morto nell’ospedale dell’Aquila il boss Matteo Messina Denaro, l’ultimo stragista di Cosa Nostra arrestato a gennaio dopo 30 anni di latitanza. Il capomafia, 62 anni, soffriva di una grave forma di tumore al colon che gli era stata diagnosticata mentre era ancora ricercato, a fine 2020.

Era stato proprio il cancro al colon a portare i carabinieri del Ros e la Procura di Palermo sulle tracce del boss, riuscito a sfuggire alla giustizia per 30 anni. Dopo la cattura, Messina Denaro è stato sottoposto alla chemioterapia nel supercarcere dell’Aquila dove gli è stata allestita una sorta di infermeria attigua alla cella.  Nei 9 mesi di detenzione, è stato sottoposto a due operazioni chirurgiche legate alle complicanze del cancro. Dall’ultima non si è più ripreso, tanto che i medici hanno deciso di non rimandarlo in carcere, ma di curarlo in una stanza di massima sicurezza dell’ospedale, trattandolo con la terapia del dolore e poi sedandolo.

Prima di perdere coscienza ha incontrato alcuni familiari e dato il cognome alla figlia Lorenza Alagna, avuta in latitanza e mai riconosciuta. La ragazza, che aveva incontrato il padre per la prima volta in carcere ad aprile, insieme a una delle sorelle del capomafia e alla nipote Lorenza Guttadauro, che è anche il difensore del boss, è stata al suo capezzale negli ultimi giorni. Venerdì, sulla base del testamento biologico lasciato dal boss che ha rifiutato l’accanimento terapeutico, gli è stata interrotta l’alimentazione ed è stato dichiarato in coma irreversibile.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino…

Il leader mafioso siciliano Matteo Messina Denaro è stato accusato di aver pianificato l’omicidio dei procuratori antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel 1992 e di un attentato dinamitardo che uccise 10 persone a Roma, Firenze e Milano, nonché del rapimento e della tortura di 11 leader mafiosi. Figlio quattordicenne, confessore, ritenuto responsabile del suo omicidio.

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