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Alzheimer, scoperto il gene che protegge dalla malattia

Vita gazette – Il gene, una specie di “scudo” protettivo per il cervello, è stato identificato dagli esperti dell’Università Columbia, analizzando il patrimonio genetico di circa 11.000 persone. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, più di un milione di persone in Italia farebbe i conti con una forma più o meno grave di decadimento cognitivo. E sarebbero circa 600.000 i pazienti con vera a propria malattia di Alzheimer.

A volte, ci sono notizie che offrono molte speranze. Così occorre osservare con grande attenzione lo studio apparso su Acta Neuropathologica in cui si descrive l’identificazione di un gene in grado di ridurre il rischio di sviluppare la patologia di Alzheimer fino al 70%.

Cos’è e come agisce il gene protettivo

Il gene che si può considerare una specie di “scudo” protettivo per il cervello è stato identificato dagli esperti dell’Università Columbia, analizzando il patrimonio genetico di circa 11.000 persone. Ma non basta. Oltre a identificare il piccolo tratto di Dna, gli studiosi hanno anche cercato di valutare in che modo questa potrebbe diventare un obiettivo per nuove terapie, capaci di avere un’azione simile a quella del gene stesso e quindi di mantenere “pulito” il cervello dalla beta-amiloide, sostanza che si accumula, proprio come un rifiuto, andando ad avvolgere progressivamente i neuroni. La fibronectina, inoltre, in genere tende ad aumentare significativamente nei soggetti con malattia di Alzheimer. La variante genetica che fa da “scudo” potrebbe impedire questo accumulo. Al momento gli studi sono stati condotti solo su modelli di laboratorio. E la teoria sembra reggere, facendo sperare in una cura che certo non appare dietro l’angolo.

La variante genetica ad attività protettiva è implicata nella produzione di una particolare componente che entra in gioco nella formazione della barriera emato-encefalica. Questa sorta di “posto di blocco”, come un vero e proprio passaggio di frontiera, ha il compito di evitare che sostanze potenzialmente nocive, virus o batteri passino dal sangue al cervello. In pratica, quindi, la variante genetica che codifica per la fibronectina (questo il nome della sostanza che si ritrova in questa forma di “frontiera” biologica), aiuterebbe a realizzare un’ottimale pulizia del sistema nervoso, favorendo quindi il miglioramento dell’ambiente in cui questo opera.

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