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Classici senza tempo: “I Promessi Sposi”

di Maria Stella Bruno

Il primo incontro coi Classici, per ognuno di noi, avviene sui banchi di scuola e, sarà per la costrizione, sarà per l’immaturità, non si riesce sempre a gustare a fondo la bellezza della storia narrata e raramente si percepiscono le psicologie dei personaggi.

Avviene, per i più fortunati, in età adulta la “riscoperta”. Ed è un’esperienza che, se non si è ancora fatta, consiglio a tutti.

Prendiamo, ad esempio, il famoso romanzo di Alessandro Manzoni, “I Promessi Sposi”… Da ragazzina non capivo Lucia, la trovavo troppo remissiva, troppo buona per essere la compagna ideale per l’irruente Renzo, ma, ad anni di distanza, riprendendo quel libro in mano, le cose sono decisamente cambiate.

Ciò che colpisce è che i personaggi sono delineati con notevole psicologia, anche con brevi incisive frasi, quasi come pennellate di un pittore. Le creature di Manzoni entrano nel cuore: le si amano o le si odiano, le si rispettano o le si disprezzano. Entriamo insomma nel loro mondo.

Ma procediamo per gradi…

La trama principale è semplice: fa da scenario ad altre vicende, anche storiche che si riallacciano al tema principale in cui i protagonisti si muovono.

Si parla, infatti, di due giovani fidanzati costretti a fuggire dal loro paese natio perché il prepotente signorotto locale aveva preso di mira la ragazza. La storia si svolge nel 1600 Lombardo e ha come sfondo eventi come la peste, la discesa dei Lanzichenecchi, la prepotenza del dominio spagnolo nel Ducato di Milano. Sono delineate superbe figure storiche con magistrale acutezza psicologica quali la monaca di Monza, l’Innominato, il cardinale Borromeo. Inoltre c’è una folla di personaggi altamente caratterizzati: il popolo in rivolta a Milano, i bravi (criminali pronti a tutto, sotto la livrea di un signorotto, per sfuggire alle leggi del luogo), un magnifico fra’ Cristoforo, protettore del bene, un malvagio Don Rodrigo, incarnazione del male. 

A tutti però è data la possibilità di riscatto secondo le leggi della Divina Provvidenza che fa da motore al romanzo.

Il libro infatti è nato dalla conversione al cattolicesimo di Alessandro Manzoni e ne rivela la profonda riflessione e la fede.

Come per ogni classico, ci sono state diverse trasposizioni cinematografiche e televisive de “I Promessi Sposi”, ma quella che mi piace ricordare di più, perché di più mi ha colpito, è uno sceneggiato del 1967, con la regia di Sandro Bolchi, con Nino Castelnuovo e Paola Pitagora nella parte dei protagonisti.

La trasposizione è estremamente fedele, la recitazione superba, mai protagonisti furono più azzeccati. Persino le pause di silenzio “parlano” grazie al pathos di attori che il personaggio non si limitavano ad interpretarlo, lo indossavano come una seconda pelle, lo sentivano dentro e lo rendevano vivo per il pubblico.

Ecco il mio consiglio, quindi: non avete il tempo di rileggere “I Promessi Sposi” o magari siete diffidenti? Cominciate ricercando quel vecchio sceneggiato di cui parlavo.

Scoprirete, nell’interpretazione della Pitagora, una Lucia pura, innocente, innamorata e accorata, che è anche forte nella fede, capace di fare crollare con quella forza il già tormentato Innominato. Troverete un Renzo/Castelnuovo impacciato, irruente sì, ma anche ingenuo. Vivrete le sue tribolazioni e, con lui, l’intessuto di mille altri personaggi, nessuno escluso, resi in pellicola a fare giustizia a quelli di carta e inchiostro.

Persino il Manzoni avrebbe sorriso benevolo, almeno credo, a questo mio suggerimento, quindi avvicinatevi a questo classico senza tempo sia leggendolo che guardandolo.

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