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Marco Polo: il “viaggiatore”

che lasciò un segno indelebile nel mondo

di Adalia Bernicia

Marco Polo: il “viaggiatore” che lasciò un segno indelebile nel mondo

Il Milione di Marco Polo è il compendio più prezioso che il Medioevo ci ha lasciato prima della scoperta dell’America. Marco Polo fu l’esploratore veneziano che ci lasciò preziose testimonianze in merito ai territori d’Oriente prima della scoperta dell’America e della successiva epoca delle grandi esplorazioni.

Marco Polo ed il viaggio che segnò la sua vita

L’esploratore apparteneva ad una famiglia tipica della Laguna, benché originaria di Sebenico, Dalmazia. Apparteneva all’ alta borghesia. Figlio  e nipote di  mercanti dai quali apprese gran parte dei segreti del mestiere. Il giovane Marco Polo all’età di 17 anni intraprese un lungo viaggio insieme ai due familiari. Un viaggio fondamentale per la sua vita. Un viaggio che consegnò il suo nome alla storia.

Furono proprio i due familiari ad invogliare il giovane Marco ad intraprendere la carriera di commerciante all’Estero. Essi si erano già spinti nelle terre d’Oriente, stabilendo i propri mercati prima a Costantinopoli e poi a Soldaia, nella Crimea. Conobbero il grande Qubilai, conquistatore ed unificatore della Cina, ottenendo fruttuosi privilegi, oltre che una probabile dignità nobiliare.

Marco Polo nasce nel 1254 a Venezia da una famiglia patrizia di facoltosi mercanti, originaria di Sebenico in Dalmazia. Più o meno in quegli anni -non si sa con certezza se prima o dopo la sua nascita- il padre Niccolò e lo zio Matteo partono per un viaggio commerciale in Oriente; e si stabiliscono, dapprima, nella capitale dell’Impero latino, Costantinopoli, poi a Soldaia, in Crimea, dove intorno al 1280 Marco il Vecchio (il fratello maggiore), in società con Matteo e Niccolò, fonderà una compagnia di affari.

Nel loro viaggio, i fratelli Polo si spingono fino alla corte del grande Qubilai, il conquistatore e unificatore della Cina; e durante questo loro primo soggiorno (1265) ottengono importanti privilegi e probabilmente anche la dignità nobiliare mongola.

Nel 1269, quando il padre e lo zio fanno ritorno a Venezia, Marco ha quindici anni; e poco più tardi, ancora giovinetto, probabilmente nella primavera o nell’estate del 1271, parte insieme con loro per la Cina, dove rimarrà per circa venticinque anni.

Dopo aver lasciato, nel novembre di quello stesso anno, San Giovanni d’Acri, verso il maggio 1275, i Polo giungono alla corte di Qubilai. Qui Marco, dopo aver assolto l’incarico, affidatogli dall’imperatore, di ispezionare le regioni al confine del Tibet e lo Yün-nan, viene elevato alla dignità di “messere” — titolo che lo lega direttamente alla figura del sovrano, di cui diviene informatore ed ambasciatore personale presso tutti i popoli dell’impero. E con questo titolo, per l’appunto, Marco viene menzionato nel Milione.

Durante tutta la sua permanenza presso la corte mongolica, per conto del Gran Khan, Marco svolgerà attività amministrative, lunghe e delicate ambascerie e incarichi diplomatici di prestigio, compiendo a tal fine diversi viaggi. Tra i tanti incarichi affidatigli, va segnalata la nomina, nel 1278, a governatore di Hang-chou, già capitale, sotto la dinastia dei Sung, del reame dei Mangi.

Nel 1292 i Polo salpano dal porto di Zaitun ed iniziano per mare il viaggio di ritorno in patria che si concluderà nel 1295. In quello stesso anno, poco dopo, in una delle tante battaglie navali che a quel tempo avvenivano tra veneziani e genovesi nel Mediterraneo orientale e nei mari italiani, Marco cade prigioniero dei genovesi. E fra il 1298 e 1299, proprio nelle carceri di Genova, detta al compagno di prigionia, Rustichello da Pisa, il suo resoconto di viaggio Le Divisament du Monde. Il libro sarà ben presto noto con il titolo di Milione: dal soprannome di tutta la stirpe dei Polo.

Ratificata la pace tra veneziani e genovesi, il primo luglio 1299, Marco torna libero e fa ritorno a Venezia, dove sposa Donata (probabilmente della famiglia Loredano), da cui ha tre figlie.

Quando guardiamo le opere dei geografi medievali o esaminiamo le mappe dell’epoca, ci imbattiamo in un fatto che ci sorprenderà tutti: l’Asia settentrionale, la Cina e gran parte del subcontinente indiano a quel tempo non erano visibili, cioè sconosciuti.

Fu necessario attendere fino alla fine del XIII secolo perché il mistero che aleggiava su quelle terre fosse finalmente svelato. E ciò grazie a un testo apparso per la prima volta in francese antico con il titolo di Devisement du Monde, ma che oggi tutti conoscono come Il Milione. Fu il prosatore Rustichello da Pisa a riordinare e a mettere nero su bianco i ricordi e gli appunti di viaggio di un giovane veneziano, Marco Polo, giunto fino alla corte di Kublai Khan, nipote di Gengis Khan.

Cosi, Marco Polo non fu solo il viaggiatore veneziano del Medioevo alla scoperta della Cina lungo la Via della seta, ma ha anche lasciato il segno nel mondo descrivendo il primo a raccontare la magia dell’Oriente tra realtà e fantasia nel suo resoconto di viaggio, Il milione. 

Per comprendere il valore dell’impresa storica di Marco Polo nelle condizioni di quel giorno, dobbiamo prendere una macchina del tempo e andare al periodo medievale. Sedetevi ai vostri posti, allacciate le cinture di sicurezza. Siamo pronti? Iniziamo il nostro viaggio nel tempo.

Anno: 1254… Il mese è settembre… Il 15 settembre… Il luogo è Venezia… In una giornata di brezza fredda, si udì un grido dalla casa dello stimato mercante Niccolò. Marco appena nato piangeva come se volesse far sentire la sua voce al mondo. Ma nessuno ha sentito quell’urlo tranne la sua famiglia. Perché a quel tempo l’Europa guardava verso est con grande eccitazione e orrore. Timuçin, che sconfisse i suoi rivali, prese nel 1206 il nome di Gengis Khan, che significa “Sovrano dell’Universo”, e le tribù, che si appassionarono sempre più con l’ascesa al trono dei loro capi, cominciarono a spostare i loro rifugi oltre le steppe della Mongolia. I mongoli in rapida espansione avevano raggiunto il sud della Russia.

A partire dal 1236 i Mongoli rivolsero la loro attenzione maggiormente all’Occidente e all’Europa. Dopo una serie di campagne piene di sconfitte, saccheggi e attacchi, i mongoli conquistarono le moderne Ucraina e Polonia, conquistarono Kiev nel 1240 e avanzarono verso Cracovia l’anno successivo. Dopo aver catturato l’Ungheria, fu aperta la strada verso l’Austria. Raggiunsero l’est di Vienna. Voci sulle incursioni mongole e sull’invincibilità dei soldati circondavano l’Europa. Fu in una tale congiuntura che nacque Marco Polo.

Nato fortunato

Marco è stato fortunato. Il padre, Niccolò, possedeva un’azienda commerciale importatrice di prodotti dall’Oriente, intrattenendo commerci con i fratelli. Una base dell’azienda di famiglia era a Costantinopoli, l’altra nel Mar Nero, dove i fratelli Polo vivevano la maggior parte del tempo, mentre le loro mogli e i figli vivevano a Venezia. Una delle importanti basi commerciali del padre Niccolò e dello zio Maffeo era Costantinopoli, dove lavorava il fratello maggiore Marco. I suoi intermediari lavoravano dal fiume Volga a Bukhara. Fu a Bukhara che Niccolò e Maffeo, dimostrando maestria diplomatica, incontrarono i dignitari di Kublai Khan e organizzarono un viaggio al suo palazzo a Shangdu.

Se il giovane Marco riuscì a intraprendere l’iniziativa che lo avrebbe reso famoso, lo dobbiamo al fatto che suo padre e suo zio, giunti in Cina nel 1266, riuscirono ad essere accolti dallo stesso Kublai. Quando tornarono in patria, non erano più semplici mercanti, ma inviati speciali del Khan, incaricati di costituire un’ambasciata presso il vescovo. Si tratta di un compito delicato suggellato dal ricevimento di un salvacondotto, la “tavola d’oro” chiamata paiza in cinese e gerega in mongolo. Questo documento consentiva loro di muoversi liberamente, sia in andata che in ritorno, attraverso tutte le terre soggette al controllo mongolo. Pertanto, nel 1271, quando Niccolò e Matteo ripartirono verso il celeste impero insieme al giovane Marco, che all’epoca aveva 17 anni, sapevano che tutta la loro fortuna sarebbe dipesa anche dall’esito di questa missione.

Questa miniatura del XV secolo ricostruisce il momento in cui Marco Polo lascia Venezia

Comincia l’avventura

Lasciata Venezia i Polo, raggiungendo Konya, la città turca; da lì toccarono Kayseri, meglio conosciuta come Cesarea di Cappadocia, dove per la prima volta Marco Polo incontrò il popolo nomade dei selgiuchidi che, diversamente dall’altra frangia della famiglia ottomana, aveva conservato gli antichi costumi. Dopo sbarcarono ad Acri, in Terrasanta, nell’aprile del 1272. Dopodiché mossero verso l’interno secondo un itinerario che li portò ad attraversare l’Anatolia orientale e l’Armenia. Fu probabilmente nel 1272 che i veneziani, aggirato il lago di Van, si inoltrarono nelle alte terre della Grande Armenia, sovrastata dal monte Ararat, dove la tradizione biblica diceva essersi posata l’arca di Noè. Da Cesarea la carovaniera volgeva a sud fino a Erzurum e di lì a Tabriz, in Persia, importante snodo dove confluivano le mercanzie provenienti dall’India, e poi a Qazvin, non lontano dall’attuale Teheran. E poi dirigersi alla volta dell’altopiano iranico con l’obiettivo di raggiungere lo stretto di Hormuz e imbarcarsi per la Cina.

Durante questa prima parte del tragitto attraverso il Vicino Oriente i tre si spostarono via terra, da soli o unendosi a qualche carovana. Dal momento che Il Milione un resoconto di quanto visto e udito durante il percorso, non sappiamo come si relazionassero i Polo con le popolazioni locali. È però molto probabile che, in virtù della precedente esperienza di Niccolò e Matteo, ricorressero a delle guide che conoscevano le lingue del luogo e a funzionari delle terre sottoposte all’autorità del Gran Khan, il cui sostegno era garantito dalla presenza del salvacondotto.

l’arca di Noè in su una grande montagna

Le informazioni su queste prime tappe nell’interno dell’Asia sono spesso affascinanti: “In questa grande Erminia è l’arca di Noè in su una grande montagna”, scrive Marco riferendosi al mitico monte Ararat, su cui si sarebbe arenata l’arca alla fine del diluvio universale. Ma non mancano neppure le scoperte curiose.

Una fontana con tanto olio

A poca distanza da quel monte biblico c’era una sorgente di petrolio, probabilmente bitume, che le popolazioni locali sfruttavano da tempi immemorabili. In Il Milione Marco ne riporta un’interessante descrizione: “In questo confine è una fontana, ove surge tanto olio e in tanta abbondanza che 100 navi se ne caricherebboro a la volta. Ma egli non è buono a mangiare, ma sì da ardere”. E in effetti secondo il veneziano la fama del luogo era tale che venivano uomini molto da la lunga.

Ricerca di rubini sulle montagne di Badakhshan. Miniatura del Libro delle meraviglie di Marco Polo​

Iraq: Panni di seta e d’oro

L’esploratore descrive con dovizia di particolari anche il territorio dell’attuale Iraq. Si tratta di uno spaccato prezioso sui popoli che vi abitavano, le lingue parlate, gli usi e i costumi. Come la celebre descrizione del reame di Mosul, città famosa per i “panni di seta e d’oro”. Marco si riferisce quasi certamente alla mussola, un tessuto molto fino e leggero che fece la fortuna dei mercanti locali ed è originario dell’Iraq settentrionale. Il veneziano restò affascinato anche dal fatto che nella regione vivesse una comunità cristiana molto numerosa, ma il cui credo non era “come comanda la Chiesa di Roma”. Poco più avanti nel testo viene menzionata Baudac (Baghdad). È una città vasta, attraversata da “uno fiume molto grande ‘il Tigri’ per lo quale si puote andare infino nel mare d’India, e quindi vanno e vegnono mercatanti e loro mercatantie”.

Nel cuore dell’Asia

 I tre anche in Persia e attraverso le selvagge montagne, arrivando poi a Tabriz, città nel nord-ovest del Paese, dove rimasero affascinati da “li sovrani tappeti del mondo e i più begli”. E il passo che menziona la città di Saba dove si troverebbero le tombe dei re magi che andarono ad “adorare Dio quando nacque” I tre magi sono “in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co’ capegli”. Quella scoperta inattesa suscitò la curiosità del giovane Marco, che più volte chiese informazioni alla gente del posto, ma “niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano tre re soppelliti anticamente”.

La via della Seta: Yazd Kerman e Hormuz

Dopo Tabriz i tre fecero tappa a Yazd, descritta come una città molto bella e ricca grazie ai panni d’oro e alla seta, e a Kerman, dove si allevavano «li migliori falconi e li più volanti del mondo». Lì vennero a sapere che a Hormuz non era disponibile alcuna imbarcazione in grado di tenere il mare. Percio  li costrinse a continuare via terra attraverso il deserto del Dash-e-Lut, l’Afghanistan e la valle del Panshir. Da qui, percorrendo un lungo ramo della via della Seta, raggiunsero in seguito il Wakhan, che s’incunea fino in territorio cinese. l’attraversamento della terribile catena del Pamir, durato ben quaranta giorni, che permise loro di giungere fino al bacino del Tarim – l’attuale regione di Xinjiang –, un territorio ai confini del mondo riscoperto da esploratori occidentali solo nel XIX secolo.

Pietre preziose e rubini

Il veneziano menziona che fu costretto a fermarsi per un certo tempo sui monti del Balasciam (l’attuale Badakhshan in Afghanistan) per riprendersi da una malattia. Si trattava di una terra ricca di pietre preziose chiamate balasci, una varietà di rubini che venivano estratti in grandi quantità ma che era proibito esportare, pena la morte.

l’usanza delle donne d’indossare brache dalla forma insolita

A quanto sembra la sosta permise al giovane di soffermarsi su alcuni particolari della popolazione locale, come per esempio l’usanza delle donne d’indossare brache dalla forma insolita. Un costume che lo stesso autore spiega così: “E questo fanno per parere ch’abbiano grosse le natiche, perché li loro uomini si dilettano in femine grosse”.

Residenza estiva di Kublai Khan

Loro attendeva la traversata del deserto del Taklamakan, lungo una pista che si snodava per le città commerciali di Kashgar, Kotan e Cherchen, e quindi il cammino proseguiva attraverso il deserto del Gobi.  Ci volle più di un mese di viaggio, ma alla fine si trovarono al cospetto della favolosa Shangdu – la mitica Xanadu –, residenza estiva di Kublai Khan edificata pochi anni prima a nord di Pechino. Dopo tre anni e mezzo di peripezie i veneziani erano finalmente giunti in Cina. 

Il pittore Tranquillo Cremona immaginò così l’incontro tra i veneziani e Kublai.

Niccolò: Egli è vostro uomo e mio figliuolo

Quando furono ricevuti a corte con tutti gli onori non poterono fare altro che ammirare estasiati la ricchezza e lo sfarzo di quel palazzo “di marmo e d’altre ricche pietre», le cui sale e camere erano «tutte dorate”. L’udienza con Kublai fu uno dei momenti più importanti nella vita di Marco, come spiega lui stesso: “Egli ‘Kublai’ li fece levare ‘i Polo’ e molto mostrò grande alegrezza, e dimandò chi era quel giovane ch’era con loro”. Niccolò rispose: “Egli è vostro uomo e mio figliuolo”. Allora Kublai assentì: “Egli sia il benvenuto, e molto mi piace”.

Per il giovane Marco, ormai ventunenne, alla corte del Khan si aprivano le porte di quell’immenso Paese che, in capo a poco, avrebbe finito per conoscere a menadito. Impratichitosi molto velocemente delle lingue -pare ne conoscesse quattro-, non tardò a essere nominato ufficiale governativo. Questo privilegio gli permise di prendere parte a importanti missioni in ogni angolo dell’impero, dal Tibet alla Birmania e dalla Cocincina all’India. Per volontà di Kublai i Polo rimasero in Cina per  anni, fino a che nel 1292 il Gran Khan non gli concesse il permesso di far ritorno in patria.

Finalmente salparono verso il golfo Persico su una flotta di 14 giunche. Iniziava così un viaggio per mare. Poi toccarono i porti dell’India e di Ceylon, che Marco Polo dimostrò di conoscere bene per esservisi già recato nel corso di una precedente missione governativa. Dopo 18 mesi la flotta giunse finalmente a Hormuz. Avrebbero trascorso un altro anno e mezzo in Persia, prima d’intraprendere l’ultima parte del viaggio che li avrebbe riportati, dopo una sosta a Costantinopoli, fino in patria. Era il 1295 e i Polo mancavano da Venezia da ben 24 anni.

Il lavoro di Marco Polo ha ispirato anche i viaggiatori che avrebbero seguito le sue orme e sarebbero andati in Cina riportando molte nuove informazioni. Queste informazioni suscitarono la curiosità dell’Europa verso il resto del mondo mentre si muoveva verso il Rinascimento e l’era delle scoperte nel 1400.

Nel 1557, i sovrani della dinastia Ming in Cina permisero ai portoghesi di stabilire un insediamento permanente a Macao. Ciò aprì la strada anche all’attività missionaria del sacerdote gesuita Matteo Ricci in Cina. La sua profonda conoscenza del paese permise a lui e ad altri gesuiti di spiegare le credenze e le tradizioni cinesi all’Occidente. Il ponte culturale che Marco Polo, suo padre e suo zio avevano iniziato a costruire due secoli prima continuava a collegare Oriente e Occidente.

Fino alla morte, il viaggiatore veneziano si occuperà con lo zio Matteo di affari e commercio, oltre che soprattutto della diffusione del suo libro. Sappiamo che nell’agosto del 1307 consegna una copia del Milione a Thibault de Cepoy, affinché la recapiti a Carlo di Valois, fratello del re di Francia Filippo il Bello. Oltre a Carlo di Valois, se ne procurano copie l’infante di Portogallo don Pedro e numerosi nobili e principi. Il libro, ben presto volgarizzato, circolerà in versioni toscane più o meno fedeli, e riscuoterà, fin dai primi del Trecento, un notevole successo.

Il 9 gennaio 1324 Marco firma il suo testamento, testamento che, insieme con altri documenti, attesta come le proprietà dei Polo fossero in realtà più limitate rispetto alle meravigliose ricchezze che solitamente venivano attribuite loro. La modesta casa della famiglia, nell’odierna Corte Seconda del Milion, ne dà conferma.

Il “nobilis vir Marchus Paulo Milioni” (così come l’illustre viaggiatore è chiamato in un documento del 1305) muore a Venezia

All’entrata di Corte Seconda del Milion, in calle della seta, una lapide posta sopra l’ingresso del Ufficio della Seta con accanto le iniziali dei procuratori con i loro stemmi araldici, ricorda che “in queste case, attribuite al culto di Thalia (commedia), furono abitazione di Marco Polo, patrizio veneto, illustre per fama dei suoi viaggi.

Sul canale dietro le case di Marco Polo con il restauro del Teatro Malibran del 1881, fu posta una targa a ricordo di dove sorgevano, appunto, le case dei Polo.

Edizione spagnola dei Viaggi di Marco Polo, datata 1503. Il mercante veneziano è raffigurato in alto a sinistra.

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