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                                                            Il Putto che suona 

L’occhio del tempo: Rosso Fiorentino

Vita gazette – In un mondo sconvolto e pieno di inquietudini come era quello del primo Cinquecento, la pittura del Rosso Fiorentino riflette tutte le preoccupazioni dell’uomo del tempo. le sue opere sono popolate di figure grottesche, stranianti, bizzarre, spesso contraddistinte da sguardi smarriti o preoccupati, e dalla totale rottura dell’equilibrio e dell’armonia che furono una delle principali conquiste del Rinascimento.

il Rosso Fiorentino (Giovanni Battista di Jacopo; Firenze, 1495 – Fontainebleau, 1540), è la figura chiave del primo Manierismo fiorentino. Il Rosso Fiorentino (così soprannominato per il colore dei suoi capelli) fu un artista molto originale, insofferente alle regole, che propose uno stile personale e fuori dai canoni.

Per essere stato una delle figure principali dell’arte manierista, nonché, assieme al Pontormo, l’iniziatore del manierismo a Firenze, il Rosso Fiorentino può essere collocato tra i grandi nomi della storia dell’arte italiana. La sua opera esercitò un impatto notevole su molti artisti successivi: per esempio Giorgio Vasari, Giulio Romano, Ludovico Cardi detto il Cigoli, Francesco Granacci, Francesco Primaticcio, Andrea Lilio e diversi altri.

                                                        La Pala dello Spedalingo

Giovanni Battista di Jacopo nasce a Firenze nel mese di 8 marzo 1494. Il Rosso, soprannome che gli deriva dal colore dei capelli, compirà la sua formazione con Andrea del Sarto e sarà fondamentale per lui lo studio della Battaglia di Cascina di Michelangelo. Nel 1513, a diciannove anni, inizia a dipingere la sua prima opera l’affresco dell’Assunzione nella basilica della Santissima Annunziata di Firenze, che sarà terminato l’anno successivo.

Nel 1517 si iscrive all’Arte dei Medici e degli Speziali, mentre l’anno successivo realizza, per Leonardo Buonafede, l’opera nota oggi come la Pala dello Spedalingo, conservata agli Uffizi, uno dei suoi capolavori più noti e famosi, anche se l’aspetto decisamente insolito dell’opera portò il committente a non apprezzare il lavoro. Attorno al 1520 l’artista è a Piombino dove lavora per il signore locale, Jacopo V Appiani, anche se non conosciamo con sicurezza le date del soggiorno. Nel 1521 il Rosso Fiorentino è a Volterra, dove dipinge il suo massimo e più famoso capolavoro, nonché caposaldo di tutto il Manierismo e della storia dell’arte italiana: la Deposizione oggi conservata alla Pinacoteca Civica di Volterra. Sempre a Volterra esegue anche la Pala di Villamagna. Nel 1522, per la famiglia Dei, dipinge la Pala Dei che oggi si trova agli Uffizi. Ancora, attorno al 1523 dipinge uno dei suoi capolavori più noti, Mosè e le figlie di Ietro. Nello stesso anno si trasferisce a Roma dove lavora alla cappella Cesi nella chiesa di Santa Maria della Pace, lo stesso luogo dove alcuni anni prima aveva lavorato Raffaello Sanzio. Nel 1527, durante il sacco di Roma, viene fatto prigioniero dai tedeschi, ma riesce poi a liberarsi e ripara a Perugia. Nello stesso anno raggiunge la cittadina di Sansepolcro, dove dipinge il Compianto sul Cristo morto, altra opera chiave della sua produzione, nota anche come Deposizione di Sansepolcro.

                                   Assunzione della Vergine di Rosso Fiorentino

Nel 1528 il Rosso Fiorentino è a Città di Castello dove, per la cattedrale locale, dipinge il Cristo in gloria. Nel giorno di giovedì santo del 1530 è coinvolto in una rissa scoppiata in una chiesa di Sansepolcro, dove il Rosso Fiorentino e un suo garzone si trovano costretti a fronteggiare alcuni preti (il grottesco episodio è raccontato nelle Vite di Vasari). L’artista decide di andare a Venezia, dove viene accolto dall’amico Pietro Aretino (conosciuto probabilmente a Roma), per poi partire per la Francia, luogo dove, secondo Giorgio Vasari, il pittore aveva sempre manifestato il desiderio di recarsi. In Francia, il Rosso Fiorentino diventa pittore di corte di Francesco I. Nel 1532, per Francesco I di Francia, inizia a dirigere i lavori nella cosiddetta Galleria di Francesco I nel castello di Fontainebleau, che doveva essere decorata con una serie di affreschi. È coinvolto nel progetto fino al 1539 e nello stesso anno inizia, assieme a Francesco Primaticcio (Bologna, 150 –1570), a lavorare agli affreschi degli Amori di Vertunno e Pomona, terminati l’anno seguente. L’artista scompare improvvisamente, a soli quarantasei anni, il 14 novembre del 1540 a Fontainebleau. Non sono note con sicurezza le cause della morte: secondo Vasari il pittore si sarebbe suicidato, provando un forte senso di colpa per aver ingiustamente accusato di furto un pittore suo amico, Francesco di Pellegrino, che in seguito sarebbe stato anche torturato in carcere. L’informazione vasariana non è però confermata da nessun’altra fonte 

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